Palazzo Reale ospita fino al 26 febbraio la prima personale italiana dedicata a MAX ERNST. La mostra, promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura e da Palazzo Reale con Electa, in collaborazione con Madeinart, è curata da Martina Mazzotta e Jürgen Pech.

Oltre 400 sono le opere tra dipinti, sculture, disegni, collages, fotografie, gioielli e libri illustrati provenienti da musei, fondazioni e collezioni private, in Italia e all’estero. Tra questi: la GAM di Torino, la Peggy Guggenheim Collection e il Museo di Ca’ Pesaro di Venezia, la Tate Gallery di Londra, il Centre Pompidou di Parigi, il Museo Cantini di Marsiglia, i Musei Statali e la Fondazione Arp di Berlino, la Fondazione Beyeler di Basilea, il Museo Nazionale Thyssen-Bornemisza di Madrid.

Il lungo lavoro di studio e d’indagine compiuto dai curatori ha permesso di includere tra i prestiti, che vantano la presenza di un’ottantina di dipinti, anche opere e documenti che non venivano esposti al pubblico da parecchi decenni. L’immensa vastità di temi e sperimentazioni dell’opera di Ernst si spalma su settant’anni di storia del XX secolo, tra Europa e Stati Uniti, sfuggendo costantemente a una qualsivoglia definizione. Pictor doctus, profondo conoscitore e visionario interprete della storia dell’arte, della filosofia, della scienza e dell’alchimia, Max Ernst viene presentato in questo contesto quale umanista in senso neorinascimentale. Se André Chastel affermava di rinvenire in Ernst una sorta di “reincarnazione di quegli autori renani di diavolerie tipo Bosch”, Marcel Duchamp vi aveva rintracciato “un inventario completo delle diverse epoche del Surrealismo”.

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