I Disegni più belli di Leonardo da Vinci, la memoria del genio del Rinascimento

Il 2 maggio del 1519 moriva ad Amboise, nel castello di Clos-Lucé in Francia il grande genio di tutti tempi Leonardo da Vinci. Oggi vogliamo ricordarlo per la grande eredità che ci ha lasciato e in particolare per l’opera grafica, attraverso i numerosi fogli giunti fino a noi, ma in particolare ai disegni che lo hanno reso celebre in tutto il mondo.

«Ed ogni giorno faceva modelli e disegni da potere scaricare con facilità monti e forargli per passare da un piano a un altro, e per via di lieve e di argani e di vite mostrava potersi alzare e tirare pesi grandi: e modi da votare porti, e trombe da cavare de’ luoghi bassi acque, che quel cervello mai restava di ghiribizzare; de’ quali pensieri e fatiche se ne vede sparsi per l’arte nostra molti disegni, ed io n’ho visti assai».

Che bello quel verbo, «ghiribizzare», così immediato, palpabile, così maledettamente toscano! Nell’Ercolano, dialogo di Benedetto Varchi dove si ragiona delle lingue e in particolare della toscana e fiorentina, l’umanista, scrittore e storico nato all’ombra del Cupolone così ne «piglia» il significato: «Ghiribizzare, fantasticare, girandolare, e arzigogolare, si dicono di coloro, i quali si stillano il cervello, pensano a ghiribizzi, a fantasticherie, a girandole, ad arzigogoli, cioè a nuove invenzioni, e a trovati strani, e straordinari». Come quelli del Machiavelli, che in esilio all’Albergaccio di Sant’Andrea in Percussina scrive il Principe e ne annuncia la pubblicazione a Francesco Vettori nella celebre lettera datata 10 dicembre 1513, dove lo informa di aver «composto uno opuscolo De principatibus […]. E se vi piacque mai alcuno mio ghiribizzo, questo non vi dovrebbe dispiacere».

Ghiribizzi, arzigogoli erano dunque quelli che popolavano la mente di Leonardo: incessanti, a dire del Vasari, tanto da farne un talento raro e universale in qualsiasi campo dello scibile umano. Anche nella grafica, come testimonia questo cofanetto monografico della collana I disegni più belli, che raccoglie quarantotto tra i fogli più significativi della sua carriera artistica. Leonardo, sempre secondo il Vasari, non fu solo l’iniziatore della «terza maniera che noi vogliamo chiamare la moderna», in cui si raggiunse l’ultima perfezione delle arti del disegno, ma anche colui che per primo seppe dare «il moto e il fiato» alle proprie figure, in grado di condurre la pittura, per tramite sempre del disegno, verso nuove altezze.

Tutta la collana dedicata a  I disegni più belli  di Leonardo è infatti realizzata utilizzando la nobile tecnica della stampa al torchio, messa a punto dal tedesco Johannes Gutenberg intorno alla metà del Quattrocento – proprio negli anni in cui Leonardo vide la luce – e da allora rimasta pressoché identica nella sostanza.

Lo strumento utilizzato oggi è naturalmente al passo con i tempi, ma il procedimento è lo stesso da sempre, meticolosamente, verrebbe quasi da dire “impietosamente” manuale. La stampa al torchio viene infatti eseguita a foglio singolo, un colore alla volta, per tutte le copie dell’intera tiratura: giornate e giornate di lavorazione, migliaia di passaggi, regolazioni, controlli. Quello della stampa al torchio è un vero e proprio mondo, con le sue regole, i suoi tempi, le sue dinamiche. Inalterate da sempre e intimamente legate al tipo di supporto scelto. Nel nostro caso ci siamo indirizzati su una carta di produzione artigianale della Cartiera Magnani di Pescia, azienda storica del settore, fondata addirittura quasi mezzo secolo prima della nascita di Leonardo. Ci piace pensare che egli la conoscesse, e magari che l’abbia anche utilizzata, vista la sua diffusione tra gli artisti fiorentini del Rinascimento.

Da allora, come naturale, è cambiato il processo produttivo, all’epoca interamente manuale, ma si è conservato intatto lo spirito “pionieristico” delle origini nell’impasto dei fogli che abbiamo scelto per questa edizione, ottenuti al cento per cento da fibre di cotone grezzo lavorate in tondo secondo i metodi tradizionali dell’arte cartaria su una gloriosa macchina del tardo Ottocento. Secondo noi il supporto ottimale per la stampa al torchio, come i meravigliosi disegni di Leonardo – che abbiamo cercato di riprodurre con assoluto rigore filologico – speriamo documentino ampiamente. E se anche fosse solo un nostro ghiribizzo, lo si perdonerà perché, come diceva Niccolò Tommaseo, «il ghiribizzo è un capriccio c’ha dello strano, più che del malizioso».

 

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