SAFET ZEC alla 60° Biennale di Venezia ” Stranieri Ovunque”

Safet Zec, artista bosniaco italiano di adozione, considerato dalla critica internazionale di straordinarie qualità espressive, dalla potente comunicativa, è stato invitato al Padiglione Venezia della Biennale Arte 2024 Stranieri Ovunque. Zec vive in Italia dal 1992 quando, fuggito dalla Bosnia dilaniata dalla guerra fratricida, ha trovato a Venezia l’accoglienza, le condizioni e la forza per riprendere la sua attività di pittore e incisore. La sua partecipazione al Padiglione Venezia non è solo una testimonianza artistica ma anche un riconoscimento umano e civile di un profondo e reciproco legame con la città, divenuta sua seconda
patria.

 “Sono stato profondamente gratificato dall’invito ricevuto a esporre al Padiglione Venezia – afferma Safet Zec -, anche se arriva per me in età avanzata…E’ stata una sorpresa che mi ha riempito di gioia e offerto ancora una volta l’occasione per mostrare le mie opere, non solo al pubblico veneziano ma anche a quello europeo e internazionale. Con orgoglio ho considerato questo evento un segno di fiducia e di continuità seguito alle molte occasioni che ho avuto di esporre le mie opere qui a Venezia, tra cui la grande antologica al Museo Correr nel 2010 e il ciclo Exodus nella Chiesa della Pietà nel 2017. Spero di essere un degno rappresentante della città di Venezia che oggi è anche la mia città, oltre che della mia terra d’origine, dove spesso faccio ritorno.”
Safet Zec.

Atelier d’artista al Padiglione Venezia “Sestante Domestico” Safet Zec ha voluto ricostruire all’interno degli spazi espositivi del Padiglione Venezia, richiamandone il tema, il suo atelier, la sua “casa”. “In questo spazio dove ho cercato di ricreare l’atmosfera lavorativa, intima e personale, ma da sempre aperta agli incontri, del mio studio, che per decenni è stato a San Francesco della Vigna – sottolinea l’artista – spero si possa cogliere in modo tangibile il mestiere della Pittura, che è il mio mestiere.” Le immagini, le atmosfere, gli strumenti dell’atelier veneziano di Zec, suo mondo, rifugio, origine e “grembo” di una attività artistica che rinasce e si rinnova, rappresentano il fil rouge che conduce e accompagna la composizione di opere creata per il Padiglione.

L’esposizione presenta una selezione di opere non solo recenti. Ad accogliere i visitatori nello spazio che conduce verso lo studio, dove pittura e poesia si incontrano, la prima grande opera Uomo e bimba (2017), vibrante testimonianza del grido di dolore di Zec contro l’orrore della guerra e che si completa, sul retro, con una tela delle stesse dimensioni. Qui, l’immagine di una donna che regge tra le braccia con disperata tenerezza un bimbo, diventa rappresentazione metafisica del dolore universale. Lungo le pareti si incontrano struggenti mani tese di una umanità che cerca, nella preghiera o nell’abbraccio, aiuto, soccorso, pietas, in una sequenza quasi musicale. Varcando la soglia di questo atelier della memoria, luogo fisico e, al contempo, interiore e introspettivo, si intraprende un viaggio alla scoperta dell’identità di un artista fuori dal tempo e dagli schemi, attraverso temi e soggetti che hanno accompagnato la sua vita: l’esplosiva bellezza delle chiome d’albero accanto alle forme sublimi di un corpo femminile, nature morte, letti sfatti, finestre spalancate, forme di pane di suggestione sacrale. E ancora, il tavolo da lavoro, raffigurato in una grande tela work in progress, speculare al suo tavolo da lavoro dove gli strumenti del mestiere, la Pittura, si incontrano creando un microcosmo che racconta la personale ricerca artistica di Zec. Colori, matite, tempere, bulini, punte secche, pennelli, barattoli, tavolozze, dai quali l’artista riesce a trarre l’essenza più profonda.

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